Le email mettono a rischio i dati aziendali più di qualsiasi altra minaccia. A dirlo sono 500 responsabili IT di Stati Uniti e Regno Unito che lavorano presso servizi finanziati, assistenza legale e sanitaria. E lo ammettono anche 3000 dipendenti delle stesse aziende, che lavorano da casa.
I dati emergono dal
2020 Outbound Email Security Report di Egress, azienda specializzata nella sicurezza delle email. Fra i responsabili IT interpellati, il 95% reputa che i dati dei clienti e delle aziende sono a rischio via e-mail.
La colpa è per lo più dell'errore umano. L'83% delle aziende ha subito violazioni dei dati tramite email negli ultimi 12 mesi. Nel 24%
la causa è stata la distrazione di un dipendente che ha condiviso i dati per errore, per esempio inviando un'email con dati sensibili al destinatario sbagliato o allegando il file errato.
Le cause sono molte. Da una parte c'è il
fattore psicologico: il 73% dei dipendenti è
afflitto o preoccupato dalla situazione sanitaria, quindi commette più errori. Dall'altra, lavorando da casa c'è la tendenza ad abusare delle email come strumenti di comunicazione.
È indicativo al riguardo il dato secondo cui l'85% dei dipendenti invia più email lavorando da remoto, le spedisce anche fuori dall'orario di lavoro, o fa altro mentre invia le email. Questo aumenta il rischio di violazione dei dati, come rilevato dai responsabili IT: il 59% ha annotato un aumento della fuga di dati via email.
Controlli inadeguati
Stanchezza, stress e distrazione sono una parte del problema. Il quadro non è completo se non si considerano anche le
carenze tecniche, che sono numerose. Il 42% dei responsabili IT ammette che la metà degli gli incidenti
non viene rilevata dai propri strumenti DLP (Data Loss Protection) statici.
Le soluzioni DLP adottate hanno avuto un'efficacia limitata. Le soluzioni tradizionali di sicurezza non sono più sufficienti per prevenire la violazione dei dati via email. Il riferimento è ai controlli nativi forniti dai client di posta elettronica, come Outlook per Microsoft 365.
Occorrono strumenti capaci di
adattarsi al comportamento umano e prevenire i problemi in maniera automatizzata. Non è quello che fanno le regole statiche, che ormai proteggono solo da una casistica limitata di attacchi. Sono del tutto incapaci di riconoscere il cambiamento del comportamento di un utente che può rivelare un problema. La maggior parte delle insidie via email è rappresentata da messaggi di
phishing o di tipo
BEC, che traggono facilmente in inganno una persona attenta, figuriamoci una distratta.
Formazione a automatizzazione
L'epilogo del report è quasi scontato. Da una parte bisogna usare
soluzioni di protezione adeguate, che facciano uso dell'Intelligenza Artificiale e del machine learning. Che apprendano dalle abitudini degli utenti e siano quindi in grado di segnalare ogni cambiamento che potrebbe essere indicativo di un attacco.
Dall'altra occorre
investire nella formazione continua. Non un corso, ma una serie di lezioni che facciano comprendere la natura delle minacce, i rischi che comportano e gli atteggiamenti corretti da adottare per non cadere in trappola. È un'attività di sensibilizzazione oltre che di istruzione, perché fa comprendere a ciascun dipendente il proprio ruolo, importantissimo, nella difesa dell'azienda per cui lavora.
Entrambi sono investimenti necessari, se si pensa che il 33% dei data breach che avviene via email comporta delle perdite finanziarie all'azienda colpita.