FujiFilm ha
disattivato a titolo preventivo alcune parti della sua infrastruttura nel tentativo di contenere un attacco ransomware. Non si conosce né il nome del gruppo attaccante né quello del malware impiegato, le indagini sono all'inizio. L'unica informazione ufficiale riguarda la nota pubblicata sul sito statunitense, in cui l'azienda giapponese indica che il 2 giugno sarebbe potenzialmente caduta vittima di un attacco ransomware.
L'attacco si sarebbe verificato martedì sera ai danni della sede centrale di Tokyo. Si tratterebbe di "
un possibile accesso non autorizzato ai server, proveniente dall'esterno dell'azienda", sul quale sono in corso le indagini. La paura di un ransomware ha spinto i responsabili a chiudere parzialmente la rete a disconnettere i contatti con l'esterno, comprese email e telefoni.
La trasparenza di FujiFilm è massima in questa situazione, perché utenti ed enti competenti sono stati allertati ancora prima di stabilire con certezza se l'attacco sia stato di tipo ransomware e se ci sia stato o meno un data breach.
Nel frattempo è emerso un indizio che potrebbe essere importante. L'hacker etico Vitali Kremez ha rivelato alla stampa statunitense che il mese scorso
FujiFilm è stata infettata dal trojan Qbot. Si tratta di uno dei malware più diffusi insieme a
Emotet,
Agent Tesla,
Dridex,
TrickBot. Di recente sembra che il gruppo dietro a Qbot stia lavorando con quello del
ransomware REvil. In altre parole, l'infezione con Qbot del 15 maggio potrebbe essere stata il preludio all'attacco ransomware del 2 giugno.
Anche ammesso che l'informazione sia attendibile, tuttavia, non è abbastanza per puntare il dito contro Revil. Gli operatori di Qbot hanno alle spalle una lunga storia di collaborazioni con diversi gruppi ransomware, a cui hanno fornito l'accesso remoto a reti compromesse. L'elenco è lungo e comprende anche
ProLock e
Egregor oltre a REvil. Non resta che attendere l'esito delle indagini forensi per comprendere le responsabilità dell'eventuale attacco.
Aggiornamento 9 giugno 2021: un portavoce di Fujifilm ha confermato che i sistemi informatici dell'azienda negli Stati Uniti, in Europa, Medio Oriente e Africa sono tornato "pienamente operativi e funzionanti. Ha inoltre confermato che non è stato pagato alcun riscatto, il ripristino dei dati è avvenuto tramite i backup.