La richiesta di disconnettere la Russia da Internet è stata bocciata da ICANN. La notizia della volontà russa di staccare la spina dal web sembra smentita. Però l’argomento merita delle riflessioni.
Autore: Redazione SecurityOpenLab
La scorsa settimana un funzionario del governo ucraino ha chiesto a ICANN di chiudere i root server DNS in Russia e di revocare, in modo permanente o temporaneo, domini russi come .ru, .рф e .su. Ha chiesto altresì di contribuire alla revoca dei certificati SSL per i domini menzionati e di chiudere i root server DNS a San Pietroburgo e Mosca. In sostanza, ha chiesto di disconnettere la Russia da Internet. ICANN, non ha dato corso alla richiesta.
Ieri l’emittente Nexta TV, ripresa dall’agenzia di stampa ANSA, ha riportato la notizia che la Russia starebbe preparando la propria disconnessione da Internet, trasferendo server e domini delle aziende e istituzioni russe sul territorio nazionale. Si presumeva che la data fissata per lo switchoff fosse l'11 marzo. A breve giro è arrivata la smentita, pubblicata dall’agenzia di stampa russa TASS sul proprio profilo Telegram: il Ministero della Sicurezza Digitale russo non avrebbe in programma di disconnettere la Russia da Internet globale.
Stando alla TASS, la Russia si starebbe solo preparando per diversi scenari a causa dei “continui attacchi informatici ai siti russi dall'estero”, ma non ci sarebbero piani interni per disconnettere Internet. I documenti che sono circolati sarebbero quindi opzioni di scenario per non farsi trovare impreparati dagli eventi.
https://twitter.com/nexta_tv/status/1500553480548892679?s=20&t=FegtwXfy9a_p-CHicEKtrw
Il condizionale ormai è d’obbligo, a casa della comunicazione confusionaria data dai molti attori in gioco, ufficiali e non, e dalla fuga della stampa internazionale da Mosca dopo l’approvazione della censura di Stato che prevede pene fino a 15 anni per chi diffonde notizie non approvate dal regime.
L’argomento è tutt’altro che chiuso e apre a una serie di riflessioni si cui vale la pena soffermarsi.
Partiamo dall’inizio e cerchiamo di capire se e com’è possibile staccare la spina di Internet a un Paese. Nel caso della Russia, le richieste di Mykhailo Fedorov, vice primo ministro ucraino e Ministro della Trasformazione Digitale, erano tre. Rimuovere i domini di primo livello russi dalla root avrebbe reso i siti web e le email russe irraggiungibili dall'esterno della Russia - e in alcuni casi anche all'interno della Russia, a seconda di come sono configurati gli ISP e i resolver ricorsivi.
Chiudere i root name server all'interno della Russia avrebbe reso la connettività imprevedibile per molti utenti all'interno del Paese. Sono circa una dozzina i fornitori che gestiscono i cosiddetti "server root": sarebbe bastato aggiornarli tutti per espellere di fatto la Russia da Internet, lasciando i siti web della Federazione Russa senza una “casa”. Revocare poi le deleghe di indirizzi IP alle reti russe avrebbe rotto la sicurezza RPSL e RPKI che protegge il loro routing.
Detto questo, Goran Marby, CEO di ICANN, ha sottolineato con forza che ICANN è stata creata per garantire che Internet funzioni, non per il contrario. Che “nessuno può controllare o spegnere Internet”, o arrogarsi il diritto di promuovere azioni punitive, o di portare avanti azioni sanzionatorie mediante la chiusura dell’accesso a segmenti di Internet, “indipendentemente dalle provocazioni”.
Detto questo, è da annotare che Russia ha già una rete interna chiusa, usata dai militari. È a questa che potrebbe fare riferimento il piano di emergenza di Putin per gestire una eventuale disconnessione della Russia da Internet.
Come accennato sopra, l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) ha respinto la richiesta di Fedorov. È importante capire perché. Sul piano tecnico, attuare le misure chieste dall’Ucraina avrebbe voluto significare rendere la connettività imprevedibile per molti utenti russi. Più che per i militari o per il Governo, per i singoli cittadini. Cittadini che si sarebbero trovati ad essere molto più vulnerabili agli attacchi cyber.
Il tema principale però è un altro. Le persone che vivono nella Federazione Russa, e che non necessariamente appoggiano il Cremlino, sono già vittime di una forte azione censoria atta a manipolare l’opinione pubblica e a impedire che all’interno si sappia che cosa accade realmente oltreconfine.
Chiudere i domini di primo livello, i root name server e revocare le deleghe degli indirizzi IP avrebbe tagliato fuori del tutto la popolazione dalla possibilità di accedere a fonti di informazione internazionali, sfruttando le reti TOR, le recensioni di Google Maps e qualsiasi altro stratagemma per bypassare la censura.
Sarebbero stati tagliati fuori quegli stessi cittadini a cui Anonymous e una buona parte dell’Occidente guarda con la speranza di una sollevazione popolare. Quelle persone a cui esperti cyber di tutto il mondo stanno cercando in tutti i modi di far arrivare un’informazione libera e obiettiva, in nome del valore della libertà di opinione promossa dall’Occidente. E che in caso di attuazione delle richieste ucraine sarebbero rimaste abbandonate a sé stesse, in balia di quello che il governo russo decide di dire loro.
Tatticamente, insomma, sono molti a ritenere che sarebbe un colossale errore smettere di supportare l’unica popolazione che potrebbe cambiare le sorti del conflitto dall’interno, oltre che il corso della storia. Certo è solo un’ipotesi, ma la censura operata dal governo russo gli conferisce concretezza, e vista la situazione anche le ipotesi più remote meritano di avere una possibilità.
Non solo, come ha acutamente fatto notare ieri il Presidente di Clusit Gabriele Faggioli, disconnettere la Russia da Internet sarebbe un’azione cyber di grande impatto, in un momento in cui bisognerebbe invece evitare le azioni di ampia portata, perché andrebbero nella direzione opposta rispetto all’auspicato ritorno a una situazione di normalità.
Si allunga di ora in ora la lista degli esperti che fanno anche notare che, più dei vantaggi per l’Occidente, una disconnessione della Russia da Internet porterebbe vantaggi a Putin. Il presidente russo, per mano dell’autorità di controllo sulle comunicazioni Roskomnadzor, sta investendo tempo e risorse per impedire alla popolazione russa di essere al corrente della guerra. Spegnendo Internet sarebbe molto più facile pilotare l’opinione pubblica.
E non sarebbe un impedimento per l’azione militare, che come accennato avrebbe comunque la propria rete interna a cui appoggiarsi.
È altresì doveroso ricordare che i precedenti fanno storia, e che un precedente come la disconnessione della Russia da Internet avrebbe potuto favorire la tirannia digitale, dando il là a un effetto domino di paesi che si staccano da Internet. Pensiamo per esempio alla Cina, am non solo.
Bisogna ricordare che durante la Primavera araba molti dittatori dei Paesi coinvolti accarezzarono l’idea di spegnere Internet per bloccare le proteste e gestire più facilmente le popolazioni. Disattivarono temporaneamente i social come Twitter e Facebook, non riuscirono nell’intento di staccare la spina digitale. Fortunatamente.
Internet è un canale di comunicazione globale preziosissimo e irrinunciabile. Non a caso è tornato alla ribalta il tema dell’ampliamento della Convenzione di Ginevra all’ambito cyber, perché è un fatto che in molti Paesi in cui la libertà non è un diritto, il web è uno dei pochi elementi di aggancio alla realtà e alla speranza.