Il 54% dei fornitori di assistenza sanitaria ha subito una
violazione dei dati che ha esposto
informazioni sanitarie protette. Di questi, il 41 percento ha subito sei o più violazioni dei dati negli ultimi due anni. Il dato è del Ponemon Institute e di Censinet, che hanno calcolato che in media un data breach costa 2,75 milioni di dollari ed espone quasi 10.000 record.
Il calcolo non tiene conto del danno di immagine, che comporta una perdita di contratti e dei conseguenti ricavi. Su questo punto però c'è un dato significativo: secondo il 28 percento dei fornitori, le aziende sanitarie hanno scelto un altro servizio dopo aver scoperto lacune nelle pratiche di privacy e sicurezza dei fornitori. Un grosso problema, che porta solo il 36 percento dei fornitori ad avvisare i clienti delle violazioni di dati.
Quello che manca nel settore è un
approccio strutturato alla sicurezza. Secondo Ed Gaudet, CEO e fondatore di Censinet, "il processo generale per la gestione delle valutazioni dei rischi è fortemente carente in ambito sanitario". Sovente non vengono nemmeno richieste le certificazioni di
conformità alle norme sulla privacy e sulla protezione dei dati.
Occorre un cambiamento radicale, con l'acquisizione di una cultura della sicurezza e della tutela dei dati. Considerato che il problema affligge un intero settore, serve un approccio collaborativo che semplifichi a fornitori e clienti l'implementazione di
politiche, procedure e controlli atti a ridurre il rischio".
Alla luce della ricerca condotta, la carenza maggiore si evidenzia nella mancanza di collaborazione fra gli attori del settore. Il 55 percento dei venditori denuncia costi troppo elevati e tempi troppo lunghi per le valutazioni del rischio richieste dalle organizzazioni sanitarie. Questo perché il 43 percento dei fornitori utilizza ancora processi basati su fogli di calcolo per la valutazione dei rischi.
Nonostante gli sforzi, è anche difficile determinare quanto questi calcoli siano precisi. Il 64 percento dei venditori ritiene che le domande sulla valutazione dei rischi siano confuse e ambigue. Secondo il 59 percento degli intervistati le valutazioni del rischio diventano obsolete entro tre mesi o meno. E pochi richiedono di aggiornarle più di una volta all'anno.
Mettendo insieme tutto, è comprensibile come solo il 44 percento dei fornitori reputi che le valutazioni del rischio migliorino effettivamente la propria posizione di sicurezza. La questione è quindi trovare un modo per migliorare la situazione. La risposta è l'
automazione del flusso di lavoro. Semplificherebbe il processo di valutazione del rischio e al contempo lo renderebbe più efficace e meno costoso. Secondo calcoli approssimativi, le spese in questo senso si abbasserebbero fino al 50 percento.