Le aziende di tutti i settori e di tutto il mondo sono esposte a gravi rischi dovuti agli attacchi
ransomware e alla presenza di
dispositivi IoT. Questi ultimi hanno bassi livelli di sicurezza, che causano un ampliamento della superficie d'attacco. In compenso hanno contribuito a inaugurare l'era della produzione "intelligente", quindi hanno riscosso un discreto successo. Sul fronte ransomware basta nominare
NotPetya,
WannaCry,
Stuxnet ed
EKANS per capire il livello di rischio da fronteggiare.
Sebbene tutte le imprese siano a rischio, sono quelle
manifatturiere ad essere meno preparate e strutturate per contrastare questi cyber attacchi. In particolare, ci sono cinque modi in cui gli attacchi informatici mettono a rischio i sistemi di produzione.
Prima di tutto, chi produce corre il rischio di andare incontro a
prolungati tempi di inattività. Senza nulla togliere alla gravità di un furto di proprietà intellettuali, chi produce può vedersi bloccare un intero impianto. Oppure può ritrovarsi a sfornare prodotti difettosi per il sabotaggio a distanza compiuto sulle macchine produttive. Molte fabbriche perdono in media dal 5 al 20 percento della produttività a causa dei tempi di inattività.
In quest'ambito, inoltre,
i tempi di recupero sono più lunghi. Pensiamo a una piccola azienda che produce componenti per grandi aziende internazionali. Le pratiche di sicurezza spesso sono assenti o inefficaci nella prevenzione di un attacco informatico. Questo agevola le azioni criminali e rendere difficile ripristinare le attività.
Terzo problema è quello del
furto di segreti commerciali. Capita spesso che tecniche e prodotti usati in una piccola azienda manifatturiera includano segreti gelosamente custoditi, magari tramandati di generazione in generazione. Sono spesso queste informazioni a costituire il vantaggio competitivo dell'azienda. La mancanza di sistemi di cyber sicurezza di alto livello le mette a rischio. Bastano dispositivi IoT sempre attivi e mal configurati per aprire le porte ai cyber criminali. Oppure un attacco tramite un fornitore di terze parti.
Alzando l'asticella del rischio, la violazione della riservatezza dei clienti è un grosso problema. Abbiamo visto più volte che
i dati sono un patrimonio. Per l'azienda, ma anche per i criminali informatici. Se questi ultimi entrassero in possesso di dati riservati come nome, indirizzo di fatturazione, numero di telefono, eccetera, dei clienti, l'azienda incorrerebbe in salate multe, oltre a subire un grave danno economico e d'immagine.
Proprio il
danno d'immagine è l'ultima mina vagante. I clienti colpiti dal data breach tendono spesso a cambiare fornitore, soprattutto se si tratta di grandi aziende internazionali. Maggiore era il loro contributo al fatturato, maggiore sarà l'ammanco nei bilanci.
Per questi cinque motivi è fondamentale che anche le aziende del settore manifatturiero, sebbene lontane dal mercato IT, provvedano a proteggersi dalle cyber minacce. Occorre una
completa valutazione del rischio. Consiste nel misurare lo stato della cybersecurity dell'azienda rispetto a una
serie di variabili che rispecchiano le migliori pratiche standard del mercato.
Sulla base della valutazione bisogna poi sviluppare e implementare una strategia di
mitigazione del rischio. Deve tenere conto degli obiettivi di business, dei costi di una potenziale violazione e del livello di rischio che l'azienda può tollerare. Infine, bisogna convertire i costi diretti della sicurezza informatica in investimenti in tecnologie, operazioni e personale. Il percorso da fare non è semplice e non è scontato, ma è indispensabile per la prosperità aziendale.