Nonostante la digitalizzazione sia ormai avanzata, restano molti falsi miti da sfatare. Anche chi è tecnologicamente preparato spesso non dimostra una reale comprensione del rischio cyber.
Autore: Redazione SecurityOpenLab
I consumatori di tutto il mondo stanno muovendo i propri passi in un ambiente digitale sempre più sofisticato e pericoloso. Molti accolgono con favore l'innovazione tecnologica e le potenzialità dell'AI, ma in linea generale persiste un diffuso senso di incertezza e paura, alimentato da superstizioni e dalla mancanza di una reale comprensione dei rischi. È questo il panorama tratteggiato da una nuova ricerca commissionata da Kaspersky ad Arlington Research dal titolo Entusiasmo, superstizione e grande insicurezza – Come gli utenti di tutto il mondo si confrontano con l’universo digitale, che ha coinvolto 10.000 intervistati di 17 Paesi fra cui l’Italia.
Fra i dati chiave è risultato che il 52% degli intervistati non si sente al sicuro o si sente poco sicuro mentre naviga su Internet. Il 57% ritiene possibile trovare ogni immagine, video o registrazione audio mai pubblicata online da una persona specifica, mentre il 61% degli intervistati crede che le identità dei defunti siano particolarmente vulnerabili al furto d'identità. Nel complesso, i risultati sottolineano la necessità di una maggiore educazione tecnologica e di una migliore comprensione delle pratiche di sicurezza digitale per proteggere privacy e sicurezza.
Nonostante il crescente utilizzo di dispositivi digitali e la maggiore conoscenza tecnologica dei consumatori, è l’insicurezza il sentimento dominante riguardo alla percezione del mondo online. Secondo i dati di Kaspersky, il 52% degli utenti globali non si sente sicuro durante la navigazione su Internet. Una sensazione di vulnerabilità che deriva in parte dall'interazione crescente con entità digitali: il 38% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di non saper distinguere se stia parlando con una persona reale, con una AI o con un chatbot.
Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca è l'esistenza di superstizioni tecnologiche anche tra le generazioni più giovani e tecnologicamente più preparate. Nonostante molti siano consapevoli dei rischi associati all'uso di Internet, il 44% degli intervistati ha affermato di partecipare a test divertenti o mini-giochi sui social media e di postare i risultati, senza riflettere sulle implicazioni per la sicurezza dei propri dati personali.
La stessa mancanza di consapevolezza si rivela in altre abitudini discutibili: il 39% degli utenti ritiene sicuro collegarsi a reti Wi-Fi aperte e pubbliche; il 40% crede che l'attivazione della "modalità incognito" nel browser renda invisibili tutte le attività online, nonostante questo non sia affatto vero. Inoltre, il 24% si affida alla crittografia delle app di messaggistica come WhatsApp per proteggere i propri dati, senza comprendere che i link presenti nei messaggi possono comunque rappresentare un rischio.
L'Intelligenza Artificiale si sta rapidamente integrando nella vita quotidiana, e il 50% dei consumatori crede che l'AI sia già una parte inevitabile del nostro presente. Tuttavia, questa novità crea reazioni discordanti: da un lato il 57% degli intervistati utilizzerebbe l'AI per gestire la propria vita quotidiana, dall'altro il 48% ritiene che le relazioni umane cambieranno a causa dell'AI, finanche ad arrivare alla sostituzione di partner reali con figure virtuali.
Fra gli ambiti in cui l'AI è vista in modo positivo c’è la produzione di opere d'arte, l’istruzione dei bambini mediante realtà virtuale e metaverso e la convinzione, da parte del 34% del campione, che l'AI possa anche essere un manager più equo rispetto a un capo umano.
Tuttavia, quando si tratta di decisioni importanti, solo il 34% degli intervistati si affiderebbe a un'Intelligenza Artificiale: un dato che riflette un certo scetticismo e cautela riguardo alla delega delle scelte cruciali alle macchine.
La ricerca chiude affrontando un tema particolarmente delicato, che è quello della cosiddetta "immortalità digitale", ossia la persistenza delle informazioni personali online anche dopo la morte di una persona. Più della metà degli intervistati (52%) è convinta che i dati personali di un individuo rimarranno visibili online anche dopo la sua morte e il 45% ritiene che non sia etico mantenere registrazioni di video, voce o immagini senza il consenso della famiglia del defunto.
Questa questione si collega a una preoccupazione più ampia per il furto di identità, con il 61% degli intervistati che crede che le identità dei defunti siano particolarmente vulnerabili e il 36% dei consumatori sostiene che il controllo su ciò che è visibile online su una persona o la sua famiglia sia solo una pia illusione.