Come preparare il dopo COVID-19 secondo Forcepoint

Finita l'emergenza nulla tornerà come prima. Che cosa bisogna fare oggi per farsi trovare preparati domani.

Autore: Redazione SecurityOpenLab

Sembra prematuro parlare di dopo COVID-19 mentre siamo ancora in piena emergenza. In realtà non lo è. Per trasformare questo evento globale senza precedenti in un'opportunità per evolvere è necessaria una lunga e accurata programmazione. Che deve necessariamente coinvolgere i CIO e i CISO.

È Forcepoint a dirlo. Basta guardarsi attorno per capire che l'idea ha fondamenti che vanno oltre il solito marketing. Quello a cui tutti abbiamo assistito nell'ultimo mese è stato un moltiplicarsi di attacchi alla cyber sicurezza. Attacchi alle reti domestiche da cui si collegano i dipendenti in smart working. Attacchi alle VPN usate per accedere ai dati aziendali. Attacchi ai router domestici, alle applicazioni di comunicazione, alle email.I cyber criminali non molleranno certo la presa. Non proprio all'inizio della Fase 2, quando in molti inizieranno a rilassarsi, felicitandosi per i rischi scampati. Per questo gli esperti di sicurezza esortano a prendere sul serio la Fase 2, dispensando to-do-list da spuntare.  

Forcepoint va oltre la Fase 2. Va al momento in cui tutto sarà finito. In cui ci sarà la resa dei conti: chi sarà sopravvissuto anche se un po' sofferente, chi non ce l'avrà fatta, di chi ne sarà uscito più forte di prima. Fatti gli scongiuri di rito, tutti vorrebbero essere nell'ultimo gruppo, quindi è bene iniziare a lavorare in quest'ottica.
Tutti gli aggiornamenti di cyber sicurezza sul coronavirus sono raccolti nello speciale Coronavirus e sicurezza: proteggersi dal contagio digitale

La protezione dei dati

Prima di COVID-19 la protezione dei dati era quasi sempre identificata con la protezione del perimetro aziendale. Con la pandemia i dipendenti sono diventati il nuovo perimetro aziendale. Centinaia di migliaia di persone che si connettono da remoto alla rete. E che lavorano con i dati che viaggiano tramite VPN e applicazioni SaaS.

Lavorano da reti domestiche di dubbia sicurezza, probabilmente condividono il computer con tutta la famiglia e sono alla mercé del phishing mirato. Per i cyber criminali è un invito a nozze: hanno già iniziato a banchettare.
La priorità di cui lavorare è quindi la sicurezza a livello umano. Per poterci lavorare i CISO hanno un bisogno di maggiore flessibilità, minore burocrazia e più fondi. Il punto da cui partire è che gruppi di lavoro diversi necessitano di strumenti o accessi differenti per svolgere efficacemente le proprie attività in smart working. Non è pensabile implementare una soluzione unica che tutti "devono farsi andare bene".

I team di assistenza clienti potrebbero aver bisogno di monitor, quelli finanziari di una copia locale di dati riservati. Agli sviluppatori potrebbero servire desktop Linux, ai venditori applicazioni per le videoconferenze. Dotazioni diverse, che vanno difese dalle cyber minacce in maniera differente.

I tempi stringono, perché le persone stanno di fatto lavorando, quindi i dati devono essere protetti. Non si può stilare un piano che verrà implementato nel 2021. Strumenti e relative protezioni servono oggi, anzi, servivano già tre settimane fa. Quindi devono essere erogati e implementati con la massima celerità. Vuol dire prendere il percorso di trasformazione digitale di 5 anni e realizzarlo in 5 settimane? Più o meno. Quindi bando alla burocrazia e via libera all'accelerazione.

La sicurezza informatica non è più accessoria

È ovvio che nel contesto descritto la sicurezza informatica non può essere una voce qualsiasi nell'elenco delle priorità aziendali. È la prima delle priorità. Per implementarla occorre, ove non ci fosse in precedenza, una linea diretta tra CIO e CISO. Devono esserci report regolari e una dashborad condivisa che metta in evidenza lo stato della sicurezza, della protezione dei dati, i potenziali impatti sul business. Non è solo una questione di gestione del rischio, è fondamentale per la continuità del business nel breve e nel medio termine.

Anche i CEO devono collaborare per comprendere i rischi potenziali e le opportunità. Devono assicurarsi che la sicurezza informatica non sia solo un mezzo per evitare il disastro, ma un fattore chiave per la strategia aziendale complessiva.
Tutti i professionisti della sicurezza, infatti, concordano sul fatto che la sicurezza, nella fase successiva a quella attuale, sarà un importante fattore di differenziazione competitiva. Le imprese che non si saranno impegnate su questo fronte dovranno aspettarsi perdite di produttività, dovute a tempi di inattività, alle sanzioni e agli attacchi informatici.

Al contrario, le aziende che terranno in alta considerazione un miglioramento della sicurezza, potranno emergere, affermandosi in qualità di leader. E verranno riconosciute come imprese affidabili.

Un nuovo modello di business

L'errore più grande che si possa fare è pensare alla situazione attuale come a una parentesi temporanea. Pensare che, passata la pandemia, tutto tornerà come prima. Non avverrà, perché COVID-19 ci ha obbligati a evolvere verso un nuovo modello di lavoro. Ha obbligato aziende e consumatori a cambiare radicalmente le proprie abitudini e a sperimentare nuove esperienze. Finita l'emergenza molti avranno imparato molto, e quelle che oggi sono "nuove abitudini", diventeranno nuova consuetudine.
A cambiare sarà il concetto di "normale", e il cambiamento diventerà la base su cui costruire. In un mese il mondo è diventato più connesso, il perimetro aziendale si è dissolto. Ma anche senza i capisaldi di vecchia concezione il mondo è andato avanti. Chi resterà ancorato al passato, rimarrà indietro. Ecco perché il compito del CEO è guardare oltre. È permettere all'azienda di crescere e di cogliere tutte le opportunità per avanzare verso un futuro diverso. Partendo da oggi.

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