La
videosorveglianza è stata a lungo un comparto quasi a sé, con piattaforme e competenze molto specifiche. E implementate da operatori altrettanto specifici. Ora si sta invece aprendo verso altri ambiti tecnologici e anche verso l'IT. La spinta viene dalla digitalizzazione in generale. Ma soprattutto dalla
fusione di molte delle componenti tecnologiche infrastrutturali di aziende, edifici, spazi pubblici. In una logica "smart", la videosorveglianza è un tassello che si unisce con altre forme di
sicurezza fisica.
In questa integrazione c'è anche una
evoluzione tecnologica dei sistemi di videosorveglianza in quanto tali. Stiamo man mano dimenticando i vecchi sistemi CCTV analogici. Oggi una rete di videosorveglianza è fatta di videocamere IP ad alta definizione che dialogano via Ethernet. E che possono coprire con precisione e dinamicamente aree ben definite, trasmettendo dati a piattaforme software sempre più versatili. Anche grazie ad algoritmi di
intelligenza artificiale.
Le principali direttrici di sviluppo della videosorveglianza sono quindi due. Da un lato realizzare sistemi che
chiudano il più possibile il cerchio monitoraggio-reazione. Dall'altro farlo nell'ambito di una generale digitalizzazione delle infrastrutture.
Videosorveglianza su larga scala
Questioni di privacy a parte, la videosorveglianza si appresta a diventare una funzione svolta su scala molto ampia. Lo sarà letteralmente, nel senso che avremo infrastrutture estese di controllo con
un gran numero di videocamere sul territorio. Lo sarà anche, più semplicemente e meno orwellianamente, nel senso dei volumi. Creare una infrastruttura di videosorveglianza è molto più semplice che in passato, aprendo il mercato anche alle piccole realtà.
Questo scenario introduce anche nella videosorveglianza la
diatriba tra centro e periferia. Quanto della "intelligenza" dei sistemi video deve essere al centro (quindi in cloud) e quanto invece in periferia? Quanto la videosorveglianza sarà in futuro
cloud computing e quanto edge computing? È una domanda che si pone in molti ambiti e che, qui come altrove, non ha una risposta netta.
Le piattaforme in cloud per la
videosorveglianza as-a-Service sono già diffuse e hanno contribuito a portare sicurezza a chi non avrebbe investito in un sistema tradizionale. D'altro canto non tutto può essere cloud. Anche solo perché prima o poi la trasmissione in cloud dei flussi video presenta un problema di banda.
Da qui la necessità di bilanciare la comodità del cloud con considerazioni in stile edge computing. Un sistema di videosorveglianza un minimo articolato dovrebbe
prevedere in locale alcune funzioni di analisi e conservazione delle riprese. Come anche, per considerazioni di sicurezza e privacy, quelle di anonimizzazione e cifratura.
Le evoluzioni tecnologiche
Non si tratta poi solo delle riprese video. Le videocamere IP già oggi sono accoppiate (o integrano direttamente)
sensori non-video per raccogliere una gamma più ampia di informazioni.
Alla classica visualizzazione 2D degli eventi si aggiungono ad esempio le informazioni tridimensionali dei
sensori radar. Questi possono rilevare la presenza di un oggetto e anche i principali parametri del suo movimento (posizione, velocità, direzione). Ai rilevamenti radar si affiancano quelli dei
sensori termici, già abbastanza diffusi nel mondo della videosorveglianza. E sempre più quelli dei
sensori audio, progettati per rilevare e isolare rumori potenzialmente sospetti. Come una finestra che si rompe.
Unire tutti questi parametri in un sistema integrato serve ad
accumulare più dati. Da analizzare per arrivare a una valutazione (automatica) più precisa della scena inquadrata e delle sue implicazioni.
Obiettivo integrazione
Le evoluzioni tecnologiche vanno considerate anche nell'ambito di una
evoluzione parallela, di sistema. Non basta considerare la convergenza tra sicurezza logica e sicurezza fisica, di cui la videsorveglianza è un tassello chiave. C'è una integrazione più estesa che vede sovrapporsi ambiti prima nettamente distinti:
security, safety, automazione. E che deve combinare anche i rispettivi punti di vista.
Questo comporta una
convivenza più o meno forzata di operatori, esperienze e modelli di business diversi. Il cambiamento viene dall'alto, ossia dai grandi vendor che già sanno di dover essere aperti e interoperabili con gli altri. Calato verso il basso, però,
impone una rapida maturazione a chi opera sul campo. Che questa integrazione deve concretamente metterla in atto.