In Europa i piccoli furti nel retail dell'abbigliamento creano ammanchi per 375 milioni di euro l’anno
Autore: Redazione SecurityOpenLab
La moda è un business, in particolare per una nazione decisamente fashion come la nostra. Ed è un dato di fatto che dove c'è business, c'è anche un minimo di criminalità. Anche spicciola, come quella dei piccoli furti nei negozi. Che piccoli forse sono per il singolo retailer, ma che globalmente causano ammanchi per milioni di euro.
A valutare le differenze inventariali per i retailer europei sono state l'Università Cattolica del Sacro Cuore e Checkpoint Systems. Che produce soluzioni di sicurezza appunto per i retailer. La stima per il 2017 è di circa l'1,5 percento del fatturato complessivo nelle undici nazioni oggetto dell'indagine.
È una percentuale apparentemente bassa. Ma che in valore rappresenta una perdita di 375 milioni di euro nell’apparel. E di altri 89 per chi commercializza scarpe e accessori. E andando oltre gli ambiti genericamente collegati all'abbigliamento, includendo quindi anche tutte le altre divisioni del retail, si arriva a 49 miliardi di euro l'anno di perdita economica.
Il settore fashion-apparel ha un tasso relativamente elevato di perdite per taccheggio, a cui vanno aggiunti anche i furti "interni" e le restituzioni di prodotti difettosi. Questo perché i prodotti di abbigliamento e gli accessori possono essere facilmente rimessi in vendita sia online sia in altri negozi, falsificandone la documentazione. Senza contare poi il crescente fenomeno del wardrobing. Cioè i resi fraudolenti di capi o accessori che vengono regolarmente acquistati, usati una sola volta (senza togliere le etichette) e poi restituiti per avere il rimborso completo del prezzo pagato.
Serve quindi più sicurezza anche nel retail, spaziando dalle classiche etichette RFID ai sistemi antitaccheggio più sofisticati. Ma la sensazione è che i retailer facciano ancora poco. Si stima che spendano lo 0,7 percento del loro fatturato in (contro)misure di sicurezza.
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