Gli
attacchi di impersonation stanno prendendo sempre più piede perché sfruttano
le debolezze di una forza lavoro dispersa e distratta. L'imitazione può essere di un collega o di un brand. L'importante è instillare nella potenziale vittima un
senso di fiducia che porta a soddisfare le richieste, e quindi a cadere nel tranello.
Una ricerca condotta da GreatHorn mediante interviste a 640 professionisti IT e della sicurezza, e dirigenti, rivela dati preoccupanti. Il 40% lamenta che i filtri email in uso
non bloccano adeguatamente malware, link e allegati dannosi.
Il 21,9% del campione ha ricevuto richieste di
bonifici bancari, il 28,1% ha rilevato tentativi di
furto di credenziali. Lo spam ha affollato le caselle email del 32,9% delle persone. In compenso, i filtri sono stati fin troppo zelanti nel bloccare messaggi legittimi: il 48,3% degli intervistati trova nella cartella di spam email che avrebbero dovuto finire nella posta in arrivo.
Questa fotografia mette a fuoco due problemi. Il primo è che i cyber criminali sono ormai abilissimi nello
sfruttare le debolezze delle potenziali vittime. In una situazione di stress come quella del lavoro da casa, dove figli minori e altre distrazioni possono distogliere l'attenzione dai dettagli, una email di un presunto collega può essere facilmente scambiata per vera a un'occhiata veloce e distratta. Lo stesso vale per un messaggio presumibilmente erogato da un servizio con cui si ha dimestichezza, come Dropbox o Teams.
Il risultato è che, secondo il sondaggio, gli attacchi di impersonation sono percepiti come la principale minaccia via posta elettronica nel 2020. In realtà i criminali informatici non hanno fatto altro che
usare vecchi strumenti "vestendoli" per l'occasione. Mediamente hanno fatto centro, dato che l'89% delle infezioni in Italia è veicolato via posta elettronica.
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Il secondo aspetto è che forse molti dei partecipanti al sondaggio lavorano in aziende che usano filtri email non troppo recenti. La maggior parte degli esperti di sicurezza concorda oggi nel sostenere che per contrastare gli attacchi di phishing di qualsivoglia natura
occorre l'Intelligenza Artificiale. Gli strumenti statici sono armi spuntate contro le minacce moderne, come appunto l'impersonation.
Il machine learning e l'analisi comportamentale possono invece sventare attacchi fileless e raggiri di ogni sorta. La stragrande maggioranza dei prodotti commerciali oggi in circolazione dispone di queste caratteristiche.
In mancanza di questi strumenti, l'unica difesa è tenere alta la guardia. Occorre dedicare
più tempo alla lettura dei messaggi e alla valutazione delle richieste in essi contenute. Se la richiesta esce dall'ordinario, è bene fare una verifica aggiuntiva. Nel caso di un brand, basta collegarsi al servizio dal proprio browser (senza cliccare eventuali link nella email) e cercare riscontro. Se davvero è richiesta un'azione da parte del cliente, ci saranno dettagli.
Nel caso di un collega, può essere utile in una richiesta di chiarimento tramite la chat aziendale o una telefonata. Anche qui, meglio evitare di rispondere alla email sospetta, piuttosto componente un nuovo messaggio. Sono piccoli piccoli accorgimenti che portano via qualche minuto, ma che possono di fatto sventare attacchi di impersonation ed evitare grandi problemi.