Nel 2021 l’interruzione delle supply chain si è rivelato un metodo diffuso per convincere le vittime di ransomware a pagare i riscatti.
Ransomware e sfruttamento attivo delle vulnerabilità sono i due fronti con cui i cyber criminali stanno tenendo in scacco le aziende, interrompendo le loro supply chain e causando danni per milioni di dollari. E se l’attenzione è sempre stata alta sulle telecomunicazioni e le aziende informatiche, ora il settore manifatturiero sta diventando un obiettivo principale.
Sono alcune delle indicazioni incluse nell’X-Force Threat Intelligence Index di IBM, il report annuale basato sugli incidenti di sicurezza e sui dati relativi alle minacce informatiche collezionati nel corso del 2021. Il vettore di attacco più comune si riconferma il phishing, ma a preoccupare è l’aumento del 33% dello sfruttamento di vulnerabilità contro i sistemi privi di patch. Secondo gli analisti di IBM, gli exploit per approfittare delle vulnerabilità sono stati responsabili del 44% degli attacchi ransomware segnalati.
Il ransomware è stato il più diffuso tipo di attacco osservato da X-Force, con il gruppo REvil che ha guidato la classifica degli attaccanti: a lui si riconduce il 37% di tutti gli attacchi ransomware. Seguono poi Ryuk con il 13 percento, LockBit 2.0 con il 7% e tutti gli altri in percentuali minori.
Nel frattempo REvil ha cambiato nome, i suoi affiliati si sono uniti a quelli di DarkSide in un nuovo collettivo soprannominato BlackMatter. Un cambiamento che non è per nulla singolare, dato che gli analisti di IBM Security hanno calcolato che il tempo medio di esistenza di un gruppo ransomware è 17 mesi, allo scadere del quale subentrano il rebranding o lo scioglimento. REvil in realtà è stato uno dei gruppi di maggiore successo, con 31 mesi di attività all’attivo.
Legato a doppio filo con il ransomware è il phishing che, nel 41% dei casi analizzati nel 2021, è stato un mezzo per ottenere l’accesso iniziale a un obiettivo. Significa che è un errore considerare il phishing un attacco a sé stante, è più opportuno definirlo il primo anello di una catena d’attacco che ha vari sbocchi, fra cui il furto di dati e credenziali, la diffusione di malware, lo spionaggio, eccetera.
Peraltro, il phishing non è più circoscritto alle email. Anzi, combinando le email con altri tipi di phishing come ad esempio il vishing si può triplicare l’efficacia dei clic nelle campagne mirate. Il dato è interessante: la percentuale media di clic per una campagna classica di phishing mirato è stata del 17,8%. Quando vi si sono affiancati vishing o phishing vocale i clic delle vittime sono lievitati al 53,2%.
Dove non arriva il phishing (o come sua degna alternativa) arrivano le vulnerabilità. IBM Security ha calcolato che il 33% degli incidenti informatici analizzati è stato causato dallo sfruttamento delle vulnerabilità. Di queste, quattro delle prime cinque erano zero-day e comprendono Log4j.
Inoltre, IBM Security sottolinea un tema già noto, ossia l’aumentata incidenza del ransomware Linux. Rispetto al 2020, nel 2021 si è verificato un aumento del 146%.
La notizia più fresca dello studio è che il settore produttivo ha sostituito quello finanziario come comparto maggiormente soggetto ad attacchi informatici nel 2021. Il manifacturing, infatti, ha rappresentato da solo il 23,2% degli attacchi gestiti da X-Force. Com’ facilmente prevedibile, l’arma più usata per tali attacchi è stato il ransomware, impiegato del 23% degli incidenti ai danni delle aziende manifatturiere.
È fin troppo semplice intuire che molte delle realtà produttive attaccate avevano un comparto OT, oltre che quello IT: il 61% degli incidenti verificatisi nelle organizzazioni collegate a OT lo scorso anno si è verificato nel settore manifatturiero. E di questi, il 36% erano ransomware.
Il coinvolgimento dell’OT non è casuale o incidentale. Gli esperti hanno rilevato che, tra gennaio e settembre 2021, gli attaccanti hanno aumentato del 2.204% la ricognizione dei dispositivi SCADA Modbus OT accessibili via Internet.
Tutto questo porta a una ovvia conclusione: gli attacchi, in particolare quelli ransomware, sono stati orchestrati ad arte per compromettere le supply chain globali, scommettendo sull'effetto a catena che l'interruzione delle aziende manifatturiere avrebbe causato sulle proprie catene di approvvigionamento. E questo, a sua volta, ha costituito un forte incentivo per il pagamento dei riscatti, che poi era il fine ultimo degli attaccanti.