Facebook amplia il programma Data for Good con nuovi dati utili a prevedere la diffusione del coronavirus. Senza violare la privacy degli iscritti.
Ci sono pochi dubbi sul fatto che
Facebook detenga moltissime informazioni sui suoi iscritti. E parte di queste informazioni potrebbe essere utile nella lotta alla diffusione del coronavirus. Perché
monitorare gli spostamenti e le possibili relazioni tra le persone aiuta a
studiare e contenere l'epidemia. Sempre tenendo conto dei logici aspetti di privacy.
Facebook ha deciso così di mettere a disposizione dei ricercatori alcune
informazioni anonimizzate sui suoi utenti. La decisione rientra nel raggio d'azione di
Data for Good. Un
programma che Facebook ha lanciato già da tempo per condividere dati con gli enti di ricerca. Ma anche con diverse organizzazioni no-profit.
Avere più informazioni sulla potenziale diffusione del coronavirus è sempre meglio, indica Facebook. Permette di
programmare meglio le azioni preventive. Quindi di allocare meglio le risorse necessarie. Per questo ora sono messe a disposizione tre nuove forme di visualizzazione dei dati si Facebook sui suoi iscritti. Sono tutte catalogate come Disease Prevention Map. Ossia
dataset visuali che aiutano a comprendere come le dinamiche di popolazione influenzano la diffusione delle malattie.
Più in dettaglio, ora Facebook offre
tre "viste" dei suoi dati di posizionamento, movimento e relazione. Le co-location map, i movement range trend e il social connectedness index.
Le
co-location map mostrano la possibilità che le persone di una determinata area entrino in contatto con quelle di un'altra. I
movement range trend visualizzano se le persone restano vicino alla propria abitazione o se si postano in altre aree della città (e quali). Il
social connectedness index è basato sulle "amicizie" di Facebook e indica come le relazioni personali possono guidare lo spostamento di un'infezione.
E la
privacy, in tutto questo? Secondo Facebook le mappe si basano su
informazioni aggregate e rese anonime. I dataset sono a livello di città o provincia e non di singolo individuo. O legati ai suoi schemi generali di spostamento. I dati
non sono poi sempre tutti quelli in possesso di Facebook. Ad esempio, per le visualizzazioni degli spostamenti sono solo quelli generati da chi usa Facebook sul proprio smartphone. E con i servizi di localizzazione attivi.
Il rischio che i dati possano essere "decifrati" per arrivare all'identificazione di una persona
è minimo.
Parola di Mark Zuckerberg. Nemmeno Facebook arriva a dire che il rischio è inesistente. Ma lo è a livello ragionevole.
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