F5 Networks fa il punto sugli attacchi ai danni degli ISP. DDoS sono i più frequenti, seguiti da brute foce, dispositivi compromessi e bot.
In due anni gli
attacchi DDoS contro i Service Provider sono più che triplicati. Il dato è di F5 Networks, secondo cui nel 2019 i DDoS sono stati la causa del
77% degli incidenti di sicurezza informatica ai danni degli ISP. Nel 2017 lo stesso dato era pari al 25%.
Gli ISP vengono bersagliati per lo più con
attacchi mirati ai DNS, per sfruttare le risorse del service provider per ulteriori attacchi. L'analisi è stata condotta sugli incidenti di sicurezza informatica degli ISP di rete mobile e fissa clienti di F5. Sulla base dei dati relativi all'ultimo triennio, emerge che
gli attacchi brute force sono ancora i più numerosi, ma sono in calo. Al loro posto sono subentrati lo sfruttamento dei dispositivi compromessi e gli attacchi di injection.
Questa evoluzione è probabilmente frutto degli sforzi fatti dagli stessi ISP per la difesa delle proprie reti. Per questo, uno dei metodi più efficaci è il denial-of-service. Tende a coinvolgere l’interfaccia del cliente e a prendere di mira il DNS, in particolare con tecniche “reflection” e “water torture”.
Il primo indicatore di un attacco in corso è
l’aumento del traffico di rete. Altri campanelli d'allarme sono i reclami dei clienti per la lentezza dei servizi di rete o l’aumento dei tempi di risposta dei server DNS. È di fondamentale importanza saper distinguere velocemente il traffico di rete "normale" dalle variazioni che si verificano durante un attacco. Per farlo è necessario disporre di procedure di logging e di informazioni dettagliate sui servizi di rete come i DNS.
Gli attacchi brute force ai servizi di autenticazione, come detto, sono significativi, ma in calo. Sono la
seconda tipologia di attacco più diffuso. Chi li scatena sfrutta spesso credenziali ottenute nel corso di attacchi di
credential stuffing. Oppure tentando credenziali predefinite (come admin/admin) e password di uso comune.
La percentuale degli attacchi di questo tipo è passata dal 72% nel 2017 al 20% nel 2019. Sono in crescita solo quelli ai danni del settore finanziario. Anche in questo caso i tempi di rilevamento dell'attacco sono fondamentali. Un aumento dei tentativi di login falliti in un breve periodo di tempo dovrebbe essere subito segnalato e gestito.
L'autenticazione a più fattori è una buona prevenzione.
L'ultima categoria degli attacchi agli ISP riguarda
dispositivi compromessi e botnet. Nel primo caso si parla di dispositivi compromessi
all'interno dell'infrastruttura del service provider. Il sintomo di un attacco è un incremento del traffico in uscita. Infatti i dispositivi vengono utilizzati per scagliare attacchi denial of service. Seguono gli attacchi web mediante SQL injection (hanno rappresentato l'8%) e le botnet.
A questo proposito, F5 mette l'accento su un bot di nome Annie, che è una
variante di Mirai. Ha preso di mira i
protocolli TR-069 e TR-064 utilizzati dagli ISP per gestire a distanza grandi quantità di router sulla porta 7547. Attacchi di questo tipo sono ancora diffusi e hanno continuato ad intensificarsi nel 2019, soprattutto in Medio Oriente e in America Latina. In Europa la situazione è meno grave perché gli ISP del Vecchio Continente hanno imparato dalla lezione anni fa. Tuttavia i tentativi di aggressione non mancano, bisogna tenere alta la guardia.
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