Molti dipendenti di PMI italiane lavorano ancora da casa. È necessaria un'attività di formazione per far loro comprendere i rischi legati allo smart working.
Durante il lockdown i cyber criminali hanno approfittato dello
smart working intensificando gli attacchi. Nonostante questo, l'attività formativa ai dipendenti è stata insufficiente. Soprattutto nelle piccole imprese, dove solo
il 26% dei dipendenti italiani ha ricevuto istruzioni su come lavorare in sicurezza da casa su computer portatili, tablet e smartphone.
L'informazione emerge da uno studio condotto da Kaspersky, che mette in evidenza l'importanza della consapevolezza per le piccole imprese. Anche perché pochi lavoratori hanno potuto lavorare con dispositivi forniti dall'azienda.
Il 62% dei dipendenti italiani delle piccole imprese ha dovuto "arrangiarsi" con dispositivi privati. Erano l'unica opzione per proseguire il lavoro, ma era anche quella che aumentava maggiormente i rischi per la cyber security.
Proprio per questo sarebbe stato necessario dare indicazioni ai dipendenti sui requisiti di sicurezza IT per lavorare in modo sicuro. Solo il 26% ha ricevuto una formazione al riguardo in Italia. Informazioni relative all'installazione di una soluzione anti-malware eseguita dall'un utente o fornita dall'impresa. Oppure circa la necessitò di usare
password forti e
univoche su dispositivi e
router Wi-Fi. O sull'importanza di
aggiornare regolarmente i sistemi operativi e le applicazioni per ridurre i rischi connessi a vulnerabilità non identificate.
Anche perché, lavorando da casa, il 42% dei dipendenti italiani delle piccole imprese ha iniziato a memorizzare una maggiore quantità di informazioni aziendali rilevanti sui propri dispositivi di casa e nei
servizi personali di cloud storage (24% dei dipendenti italiani).
Non
è troppo tardi per questo tipo di formazione. Come conferma un
sondaggio svolto da Check Point Software Technologies, la maggior parte degli uffici ha riaperto, ma per un numero limitato di dipendenti. In media,
il personale lavora ancora 4 giorni su 5 a casa. Questo significa che anche Fase 2 persistono le vulnerabilità e le minacce del lavoro a distanza.
Il sondaggio, che ha coinvolto oltre 270 professionisti IT e della sicurezza, conferma che oltre il 75% degli intervistati è preoccupato per l'aumento degli attacchi informatici, in particolare tramite
phishing e social engineering. Di questi, solo il 42% investe nella formazione sulla sicurezza informatica. Formazione che sarebbe fondamentale soprattutto nei sopraccitati casi di phishing e social engineering.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con le notizie di
SecurityOpenLab.it iscriviti alla nostra
Newsletter gratuita.
Rimani sempre aggiornato, seguici su Google News!
Seguici