Uno studio internazionale ha calcolato che la quantità di dati raccolta dalle telecamere di sicurezza domestiche indica quando non c'è nessuno in casa. L'informazione potrebbe favorire la pianificazione dei furti.
a privacy legata all'uso di
telecamere di sicurezza torna di attualità grazie a uno studio condotto dai ricercatori della Chinese Academy of Science e della Queen Mary University di Londra. Gli scienziati hanno appurato che, monitorando il traffico generato dalle telecamere, è possibile sapere quando c'è qualcuno in casa e quando no. L'informazione potrebbe essere usata per mettere in atto
furti con scasso quando non c'è nessuno in casa.
La preoccupazione è alta perché le telecamere
connesse a Internet sono di gran moda. Sono economiche, si installano con grande facilità e permettono di monitorare l'abitazione o l'ufficio da remoto, usando una semplice app per smartphone. Gli esperti stimano che entro il 2023 il mercato globale di questi prodotti varrà 1,3 miliardi di dollari.
Abbiamo parlato a più riprese dei problemi di sicurezza che questi dispositivi generano. Consentono abbastanza facilmente di spiare gli utenti, rubare dati personali e individuare da remoto l'esatta posizione di un'abitazione o di un ufficio.
È quindi comprensibile che lo studio si sia concentrato sui test per capire quali informazioni si possano dedurre con un semplice
monitoraggio passivo dei dati caricati. Ossia senza ispezionare i contenuti video. Il risultato è piuttosto inquietante.
Il traffico generato dalle telecamere può essere usato per prevedere quando una casa è occupata o meno. La quantità di dati collezionati dalla telecamera variano in base ai movimenti all'interno dell'ambiente. Va da sé che il volume di dati salga quando ci sono persone in casa, e scenda quando escono. Se, per esempio, una famiglia è abitudinaria, sarà possibile prevedere che il lunedì dalle 8 alle 19 non ci sarà in casa nessuno. Sarà quindi un periodo di tempo favorevole per svaligiare l'abitazione con relativa tranquillità.
Ironia della sorte, uno dei motivi per i quali si installano le telecamere IP è proprio per sventare eventuali furti.
A parte questo, da remoto è stato possibile anche distinguere tra alcuni tipi di movimento. In pratica, dalla quantità di dati si può sapere se chi è in casa è seduto o sta camminando. Anche in questo caso non c'è stato bisogno di guardare i video. Era sufficiente monitorare la velocità con cui le telecamere caricavano i dati su Internet.
I
risultati dello studio sono stati presentati alla Conferenza internazionale IEEE sulle comunicazioni informatiche. Gareth Tyson, Senior Lecturer presso la Queen Mary University, ha sottolineato come questi oggetti, "una volta considerati di lusso, sono ormai all'ordine del giorno nelle case di tutto il mondo. Per questo è importante continuare a studiare le loro attività e i potenziali rischi per la privacy. Questo è il primo studio che esamina in dettaglio il traffico di streaming video generato dalle telecamere di sorveglianza e quantifica i rischi ad esse associati".
La speranza, alla luce dei risultati, è che vengano presto individuate delle soluzioni per ridurre al minimo i rischi e proteggere la privacy degli utenti. Nel frattempo, per abbassare la soglia di rischio, si consiglia per lo meno di cambiare le password di default, rimpiazzandole con chiavi lunghe e il più complesse possibili.
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