Sempre più informazioni critiche sono nel cloud, per proteggerle servono tecnologie trasversali come la cifratura
Può un fattore evidentemente utile alle aziende come la digitalizzazione
diventare anche un elemento di rischio? Paradossalmente sì, secondo
Thales, se nel fare evolvere digitalmente la propria azienda non si tiene presente che devono
evolvere altrettanto anche le procedure e le soluzioni per la cyber security. Ed in particolare per la protezione dei dati gestiti dalle aziende. Dati che sono sempre più importanti ma sono anche sempre più difficili da controllare.
Come per molti altri aspetti della cyber security, anche qui il fattore che cambia lo scenario di fondo è
l'adozione massiccia di servizi cloud. Una indagine Thales-IDC mette in evidenza che ormai le aziende europee hanno in cloud il 46% dei loro dati e soprattutto
il 43% dei dati sensibili. A livello globale queste percentuali variano di poco, fissandosi rispettivamente al 50% e al 48%.
Le aziende europee dovrebbero essere più sensibili della media globale al tema della protezione dei dati sensibili. Thales fa notare che mostrano invece un tasso di adozione più basso per i due approcci tecnologici principali nella protezione dei dati. Ossia la
cifratura e la
tokenizzazione (la sostituzione di dati sensibili con informazioni in sé prive di significato ma che rimandano in maniera sicura ai dati sensibili di partenza).
La cifratura è usata dal 54% del campione europeo per proteggere dati sensibili in cloud, contro una media globale del 57%. La tokenizzazione si ferma al 44%, contro una media globale del 48%.
Preoccupano soprattutto le percentuali complementari a queste. Ossia il fatto che il 46% delle informazioni sensibili non si cifrato. Un dato rilevante, specie quando lo confrontiamo con la constatazione che il 95% dei dati coinvolti nei data breach non è cifrato.
Lo scenario della protezione dei dati sensibili in cloud è insomma decisamente migliorabile. Questo, spiega Thales, per questioni sia di metodo sia tecnologiche. Dal primo punto di vista, molte aziende
si pongono da poco il problema della tutela dei dati memorizzati presso il loro cloud provider. Stanno cominciando solo ora a comprendere bene il concetto della
responsabilità condivisa tra l'azienda e il suo provider. Ossia che questo garantisce una cyber security infrastrutturale, ma non si occupa dei dati dei suoi clienti.
Come sempre, si può vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto. L'Italia sarà magari, mediamente, un po' indietro nella consapevolezza della cyber security. "
Ma stiamo riscontrando una forte accelerazione nel porsi il problema sicurezza - spiega
Luca Calindri, Country Sales Manager Italy & Malta di Thales -
forse anche grazie all'azione degli uffici compliance che quotidianamente chiedono ai responsabili IT cosa venga fatto per proteggere i dati quando passando nel cloud".
Oltre alle questioni di metodo ci sono quelle tecnologiche. Che sono essenzialmente legate alla
complessità del multicloud. Le aziende si appoggiano a un numero crescente di cloud provider. Che hanno caratteristiche diverse e soprattutto offrono gradi di controllo diversi nella gestione delle possibili forme di protezione delle informazioni. Questa complessità è un ostacolo alla realizzazione di una "data security" completa.
La soluzione per Thales è
adottare soluzioni e tecnologie che si pongono "sopra" i servizi cloud stessi. Astraendosi quindi dalle loro caratteristiche proprie di cyber security. Se poi l'approccio scelto è di
tipo zero trust, queste soluzioni e tecnologie sono legate alla
cifratura. O ad approcci della stessa famiglia, come la già citata tokenizzazione.
Le soluzioni di encryption, e conseguentemente per la gestione "sofisticata" delle chiavi di cifratura, stanno quindi progressivamente
uscendo dai loro ambiti di utilizzo tradizionali, come il mondo Finance e in generale le grandi imprese. "
Con la spinta del GDPR - racconta Luca Calindri -
abbiamo avuto anche in Italia una accelerazione molto intensa nelle implementazioni di soluzioni per il key management e la data protection. Anche in aziende di dimensioni relativamente piccole. Ad esempio service provider che per le loro attività devono raccogliere dati sensibili e che, con lungimiranza, hanno visto in queste soluzioni un differenziatore".
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