Il biennio 2018-2019 ha portato la cyber security all'attenzione di tutti. Ecco come alcuni attori del mercato vedono oggi la sua evoluzione.
Oggi parlare di
cyber security in senso stretto rischia persino di essere riduttivo. L'errore è continuare a considerarla come qualcosa da aggiungere a prodotti e servizi che già ci sono. Mentre dovrebbe essere
un elemento infrastrutturale. Nella logica del security by design e by default di cui tanto si è parlato. All'evento
Cybertech Europe 2019 questo messaggio
è emerso chiaro. Come anche il pericolo che una percezione generica di
insicurezza dei servizi digitali freni in generale lo sviluppo della digitalizzazione stessa.
In realtà, a ben vedere, in campo cyber security non sta accadendo
nulla di davvero rivoluzionario o imprevedibile. È la visione della sicurezza digitale che è cambiata. Era un campo da esperti di settore, ora è un tema di interesse per tutti. Anche perché la nostra vita digitale
non è separata dalla vita "normale". Anzi, il digitale in molti ambiti è persino
la parte più concreta della vita delle persone o delle imprese. E va tutelato di conseguenza, seguendo le
evoluzioni delle minacce in rete.
Secondo
Check Point Software Technologies oggi ci sono tre fattori fondamentali nell'evoluzione delle minacce alla sicurezza IT. La "democratizzazione" del cyber crime, l'interesse della criminalità organizzata per il mondo cyber, la creazione di attacchi su larga scala. I primi due aspetti
ampliano la portata del cyber crime. Anche criminali informatici meno preparati
reperire online strumenti e servizi per scatenare attacchi. E il crimine cyber attrae sempre di più la criminalità classica: è un modo per fare affari con un rischio relativamente basso.
Il terzo punto è il più tecnico e di interesse immediato per i CISO. Si può essere oggetto di attacchi che non intendono colpire solo un tipo di bersaglio (i server, gli endpoint...) ma
agiscono contemporaneamente su più sistemi, dal cloud al mobile. E la loro scala a priori è quesi illimitata. Chi ha mezzi a disposizione può attaccare intere organizzazioni sparse in tutto il mondo, od intere nazioni.
Per Check Point l'approccio di fondo deve
concentrarsi sugli aspetti di prevenzione: "Ciò non significa non fare rilevamento, ma una volta che partono i meccanismi di detection questo significa che la minaccia è già nel sistema ed è molto probabile che abbia già fatto danni", sottolinea
Marco Urciuoli, Country Manager di Check Point Software Italia.
Cyber security: pericoli vecchi e nuovi
Fortinet pone l'accento sulla pericolosità costante dei ben noti attacchi
di tipo ransomware. Che sono ormai una forma di "
microcriminalità digitale". Diminuisce cioè la somma richiesta come riscatto in un attacco ransomware, ma aumenta il numero assoluto di attacchi. E quindi, in definitiva, l'importanza del fenomeno. Da seguire con attenzione anche le forme di
attacco ransomware mirato. Prevedono, prima dell'attacco vero e proprio, una fase di studio per colpire con precisione i bersagli ottimali.
Il suggerimento è sempre quello di
affrontare la sicurezza con una logica progettuale, parlando di piattaforme più che di singoli prodotti. Proteggersi cioè con una risposta che sia il più possibile integrata. Ed aperta ai diversi possibili fattori abilitanti per la cyber security, a partire dal cloud ibrido e dal multicloud.
Per
Kaspersky le nuove sfide della cyber security sono tante, ed in crescita. Il lato positivo è che finalmente ci sono
regole più chiare per tutti, anche a livello di
normative. E quindi linee guida da seguire nell'approcciare la questione sicurezza nel suo complesso. Ed è anche importante il fatto che si stia sviluppando sempre più cultura sulla cyber security, a tutti i livelli.
Ma la cultura va sempre sviluppata, da qui
l'importanza della formazione. E conta, ovviamente, che le aziende possano investire per difendersi. Grazie anche ai fondi a cui le aziende possono attingere, a livello europeo e delle singole nazioni. Sempre tenendo presente che
la cyber security è un processo continuo. "Non arriveremo mai a concludere che abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare - mette in evidenza
Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky - ma credo che in questo momento siamo sulla strada giusta".
Una strada che ha un primo passo:
se non sappiamo cosa proteggere, è impossibile farlo bene. Sembra scontato ma non lo è. Non tutte le imprese sanno davvero quali risorse IT hanno attive in un dato momento, con la conseguenza che alcune - magari critiche per la loro funzione o per le informazioni che gestiscono - possono
rimanere scoperte di fronte alle minacce in rete.
È uno dei temi tecnici del momento, spiega
Qualys: avere nuove funzioni di
asset inventory pensate in ottica sicurezza. Funzioni cioè in grado di creare automaticamente un inventario delle risorse IT, categorizzarle per normalizzare i dati raccolti sul loro stato, eseguire analisi di vulnerabilità. Sulla base delle informazioni così raccolte, diventa possibile
innestare altri processi di visibilità IT, di protezione e di management.