Il caso OVHcloud ha fatto comprendere l’importanza di un piano di disaster recovery e dell’analisi del rischio che vi è a monte. Gastone Nencini, Country Manager di Trend Micro Italia, dissipa tutti i dubbi.
L'incendio al datacenter di OVHcloud ha evidenziato al grande pubblico una serie di problemi di cyber security legati all’uso dei servizi cloud. Cronaca a parte, di cui ci siamo occupati a suo tempo, quello che è emerso è che c’è ancora una conoscenza lacunosa di
contratti, diritti e doveri dei clienti e dei service provider. Un aspetto che è spesso passato in secondo piano durante l’affrettata migrazione cloud sollecitata dalla pandemia, che molti hanno pagato con la perdita totale o parziale dei dati nello sciagurato incidente del cloud provider transalpino.
Nulla toglie al fatto che il cloud offra
numerosi e sostanziali vantaggi rispetto alle soluzioni on-premise. Tuttavia, esattamente come nella gestione delle risorse on-premise, occorrono politiche di gestione del rischio oculate e consapevoli per evitare che un banale incidente si converta in una tragedia per il proprio patrimonio di dati.
Abbiamo riflettuto su questo argomento con
Gastone Nencini, Country Manager di Trend Micro Italia, che ricorda come un piano di disaster recovery sia necessario a prescindere dal fatto che l’infrastruttura sia in cloud oppure on-premise. Serve per
evitare una perdita di dati o di continuità operativa nel più ampio panorama di casi possibile, dalla catastrofe naturale all’attacco informatico, indipendentemente dalla posizione del dato stesso.
Il piano di disaster recovery
parte sempre da un’analisi del rischio, che nel caso specifico sembrerebbe essere stata lacunosa sia da parte del provider sia dei clienti. In linea generale, l’analisi del rischio è fondamentale per valutare
a quali rischi si va incontro in caso di perdita dei dati. Deve valutare tutte le opzioni peggiori che possono capitare, per avere sempre a disposizione una contromisura idonea a evitare la perdita di informazioni. Sulla base di questo occorre predisporre le dovute precauzioni.
È poi da ricordare il
modello di responsabilità condivisa. In particolare, nel caso di un cloud provider è suo dovere scaricare l’utente di tutta quella che è la parte gestionale dell’infrastruttura e della continuità operativa.
Il dato invece è di proprietà e di responsabilità dell’utente finale che fruisce del servizio cloud. Come viene trasmesso il dato, come viene gestito e come vi si accede è di competenza unica del suo proprietario. Spetta al cliente predisporre tutte le tematiche che rientrano nell’ambito della cybersecurity, compresa la parte di disaster recovery, sottoscrivendo servizi di backup presso il provider stesso o in altro modo.
I dati sono l’asset principale di tutte le aziende, viviamo in un mondo in cui il prodotto è il dato. Per questo è necessario proteggerlo sotto tutti i punti di vista: strutturale, da furti e compromissioni.
Se riduciamo la cybersecurity ad essere una commodity sbagliamo approccio. I progetti di cybersecurity servono affinché il dato sia disponibile, sicuro e incompromettibile da parte di fattori esterni.
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